Amore in sincronia

il primo mrito

 

 

 ” Ti amerò per sempre”

  “Ti voglio bene, ma non ti amo più”

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“Il primo marito” è un libro di Laura Dave uscito nel 2012, dal tono leggero ma che offre squarci di riflessione psicologica interessanti.

La trama è molto semplice: Annie pensa di avere tutto ciò che si può desiderare.
 A trentadue anni ha un bel lavoro come giornalista di viaggi, alcuni amici fidati e una vita serena, ma soprattutto è convinta che l’amatissimo fidanzato Nick, con cui convive da tempo, sia l’uomo giusto per lei. Fino al giorno in cui, all’improvviso, lui la lascia. 
Annie si trova così costretta a vedere la sua vita con occhi diversi e quando conosce Griffin, uno chef molto carino che lavora in un locale sulla spiaggia, senza pensarci troppo accetta di sposarlo, dopo soli tre mesi di frequentazione. Presto la loro vita in comune si rivela più complicata del previsto, e il sospetto di aver agito impulsivamente, di aver fatto  la scelta sbagliata inizia a tormentarla. È Nick, con la sua proposta di matrimonio tardiva, o Griffin l’uomo che Annie ama? Ma soprattutto, che cosa vuole davvero dalla sua vita?

Decide di allontanarsi da entrambi per ritrovare se stessa e la propria autenticità. Il periodo di riflessione porta la protagonista a questa considerazione illuminante per la scelta: ” Cercai le parole per spiegargli ( a Griffin) che cosa avevo pensato di Nick, la conclusione a cui ero giunta dopo cinque anni di relazione,una separazione traumatica e una proposta di matrimonio tardiva: ci amavamo. Ci amavamo in quel modo difficile,inutile, in cui ci alternavamo nel sentimento, anziché provarlo tutti e due insieme. Non è sempre possibile amarsi contemporaneamente, ma almeno qualche volta è necessario.In fin dei conti, sapersi amare, farlo nel modo giusto e insieme, non è forse la cosa più importante in assoluto? ”

La contemporaneità   degli amorosi sensi è il fulcro dello stare insieme in una coppia che funziona: il linguaggio comune ” sto con lui/lei”  rende il senso della  condivisione reale tra due universi individuali che si definiscono ed esistono anche in una terza dimensione che è di unità, con l’obiettivo comune di arrivare in un punto, il noi, in cui convergere insieme e con lo sforzo e la volontà di accelerare quando l’altro corre e di rallentare quando l’atro non riesce a raggiungerlo.

Nella coppia quando uno corre l’altro accelera per raggiungerlo , mentre  chi corre rallenta;  sempre lo sguardo e l’attenzione sono sull’altro; l’obiettivo comune è arrivare in un punto in cui convergere insieme

Quando in una coppia si perde questa sincronia d’intenti, lo sguardo e l’attenzione dei partner si spostano sempre più sull’altro e meno sul noi.

Quando la coppia va in crisi, questo gioco  a rincorrersi per trovare soluzioni e momenti di incontro per ritrovarsi  in una unità si interrompe;  la distanza  diventa incolmabile o ognuno procede per la propria  strada parallelamente all’altro, con al più un saluto agli incroci dettasti dalla quotidianità delle abitudini.

Aumentano gli argomenti di cui non si parla o di cui non si può parlare, non si fanno più cose insieme o per l’altro;  ci si allontana sia fisicamente  che mentalmente, non si pensa più all’altro quando non c’è , anzi a volte, è necessaria la distanza e si sente il bisogno di “andare” per poter tornare dal proprio partner e per poter restare in coppia.

La non contemporaneità comincia ad essere giocata su dei tempi sfalsati, sia reali che metaforici;  nelle due dimensioni del kronos, ” io entro, tu esci”, e del kairos ” non c’è tempo, non è il caso, adesso non più, ci sono i bimbi,..); sui diversi tempi di crescita ” ieri ero timida, insicura e mi faceva sentire amata il tuo modo di proteggermi, oggi sto bene, mi piaccio ma tu mi tratti allo stesso modo ed io mi sento soffocare”.

Sono molto frequenti i casi di  coppie che si rivolgono al terapeuta con una richiesta di aiuto per la loro crisi ed in cui uno dei due  partner dice dell’altro:  ” gli voglio bene, sto bene con lui/lei, ma non lo/la amo più”.

Come può essere decodificata una tale richiesta di aiuto?

Si potrebbe pensare ad un tentativo di manipolazione che ricerchi nel terapeuta un terzo neutrale che possa decretare dall’esterno la fine del loro rapporto, un tentativo di colmare la distanza interponendo una terza persona oppure l’illusione di trovare in terapia una bacchetta magica capace di riaccendere l’amore. Forse, più semplicemente, si sono persi i modi di comunicare e affrontare la sofferenza dell’altro perché non c’è più sincronia degli intenti, non c’è più la contemporaneità dell’amore.

La ristrutturazione della condivisione e della comunione con l’altro, quando è possibile,passano attraverso la ricerca di un nuovo posto e un nuovo tempo in cui tornare a prendersi cura della coppia, in cui ricreare l’esclusività del dedicarsi a noi. Forse, in questi casi, è questa “la bacchetta magica” che il terapeuta può aiutare a costruire nello spazio concreto della coppia, nella relazione tra i due partner, nella realtà temporale del loro “noi”.

Quando tutto ciò non è possibile, non resta che far emergere la consapevolezza che, da una parte, non si può trattenere chi non vuole restare e, dall’altra, che bisogna assumersi la responsabilità della propria condizione, del non amare più il partner e, con essa, anche la responsabilità della sofferenza dell’altro, attraverso un percorso di autoriflessione che aiuti alla presa di decisione.