ABBIAMO PERSO LA CAPACITÀ DI ASCOLTARE
*di Monica Tappa
Sappiamo ascoltare? No. Fermiamoci. Senza atti d’accusa e senza sentirci dei mostri ma l’evidenza è davanti ai nostri occhi. Non siamo capaci di fermarci ad ascoltare, esattamente come non siamo capaci di prenderci il tempo necessario per verificare se qualcuno, prima di noi, ha già espresso quello che vorremmo dire. Vale per il titolo di un libro come per una opinione. Vale nelle chat di Whatsapp dove fioriscono anch’io, grazie, grazie, grazie, condivido, ok, ok ok, ok. Vale, soprattutto, visto che qui di libri parliamo, per i suggerimenti richiesti e forniti nei gruppi su Facebook, che hanno sostituito i forum e, anche, ahimé, i capannelli di persone fuori da scuola.
Diciamocelo.
Ammettiamolo.
Siamo adulti che hanno disimparato ad ascoltare, se mai lo avessimo imparato.
Il problema è che a farne le spese è una generazione che si trova catapultata a chilometri da dove siamo noi. Adolescenti che si trovano circondati da sguardi giudicanti a conteggiare ogni passo. Aiuti? Ma no! “Io ai tuoi tempi”.
Fermiamoci un attimo. Ma seriamente. Ma davvero.
L’urgenza è far sentire la nostra voce.
Eppure, l’urgenza, dovrebbe essere ascoltare la loro.
è una specie di cortocircuito, quello cui stiamo assistendo.
Gli adulti chiedono di ascoltare la LORO voce. E più che chiederlo lo pretendono. I dimenticati restano gli adolescenti. Che restano aggrovigliati nei loro nodi. Persi nel bosco, cercando di uscirne.
Dobbiamo ricordarlo? Riuscire a “uscire dal bosco”, per usare una similitudine amata da Stephen King, è quello che rende adulti. Uscire dal groviglio delle voragini. Delle paure. Riconoscerle. Addomesticarle.
Facciamo la prova del nove? Ve la ricordate la prova del nove?
Comprate e provate a leggere “Sette minuti dopo la mezzanotte” di Patrick Ness e Siobhan Dowd. Un capolavoro. Parla di lutto. Ma racconta soprattutto i silenzi. Silenzi pesantissimi. I silenzi pesantissimi degli adulti che minimizzano, che addolciscono, che fuggono, che si spiaccicano di fronte a un dolore non attraversato.
Il vero problema, per gli adolescenti, è essere arrivati a 11, 12, 13 anni, senza aver avuto modo di attraversare emozioni fondamentali per riuscire a uscire sani dal ”bosco”. Rabbia, dolore, vuoto, assenza, paura.
Le emozioni sono state classificate, etichettate, inquadrate. L’ordine apparente salva gli adulti. In apparenza. E a scuola? A scuola si scelgono letture asettiche, nelle quali è impossibile specchiarsi, ma che portano nel loro essere estreme l’etichetta perfetta per riempire la crocetta. Bullismo? Fatto! Inclusione? Fatta!
Non sappiamo riconoscere i libri nati per dare inutili e noiose pappardelle premasticate su un tema da quelli che raccontano storie e vita. Dove la vita si intreccia e percorre sconnessa, tra amori, delusioni, ferite, tradimenti, prese di coscienza, fughe, pianti, sorrisi.
Non sappiamo commentare senza perdere due minuti a verificare se qualcuno ha già espresso, prima di noi, quello che volevamo dire.
L’urgenza è quella di far sentire la nostra voce. Non quella di ascoltare. E in questo modo restiamo sempre più isole sperdute di un arcipelago senza ponti. E lasciamo gli adolescenti a perdersi nel bosco. Senza possibilità di scampo.
PER RIFLETTERE:
“Quellìlà” Daniele Movarelli e Michele Rocchetti, EDT Giralangolo
“Sette minuti dopo la mezzanotte”, Patrick Ness e Siobhan Dowd, Mondadori (traduzione Giuseppe Iacobaci)
“L’ultimo cacciatore” Davide Morosinotto, Mondadori
**giornalista professionista, vive a Modena. Per lavoro legge, legge tantissimo e scrive. Parecchio. Seleziona le novità editoriali più interessanti da proporre a docenti, genitori, educatori. Cura Zero14, inserto della Gazzetta di Modena. Collabora anche con altre testate online e cartacee. Si occupa soprattutto di infanzia e adolescenza a tutto tondo.